6 milioni di anni fa, a seguito della chiusura dello stretto di Gibilterra, si verificò la cosiddetta “crisi di salinità del Mediterraneo” che portò all’evaporazione quasi completa del bacino.
Se fossimo vissuti in quegli anni il mar Mediterraneo ci sarebbe apparso molto diverso da come lo conosciamo oggi! Vaste zone del Mare Nostrum divennero profonde e aride valli ricoperte sul fondo da uno spesso strato di sale e le acque riempivano solo una piccola parte del bacino, accumulandosi in pozze ipersaline (ossia con una salinità superiore al 38 ‰) distribuite principalmente tra Spagna e Italia e a sud est della Sicilia (Fig.1).
Vediamo nel dettaglio cosa è successo.
LA CRISI DEL MESSINIANO
Sulla base di dati geocronologici e biostratigrafici, la data di inizio della crisi di salinità è stata posta intorno ai 5,96 milioni di anni fa, ossia in pieno Messiniano (fine Miocene). Per tale motivo ci si riferisce a questo evento anche con il termine di “crisi dii salinità del Messiniano”.
La crisi durò circa 270 mila anni ma quali sono state le cause di tale evento e quali prove geologiche abbiamo al riguardo?
PERCHÉ AVVENNE LA CRISI
Uno dei punti su cui si discute maggiormente è la causa della crisi di salinità del Mediterraneo. Sono state proposte diverse ipotesi al riguardo:
- La prima sostiene che la chiusura dello stretto di Gibilterra sia avvenuta a causa di movimenti delle placche africana, arabica ed euroasiatica;
- La seconda ritiene che la chiusura dello stretto di Gibilterra sia dipesa dall’abbassamento del livello del mare verificatosi in seguito all’aumento della calotta glaciale antartica;
- Una terza ipotesi spiega l’evento come effetto di una combinazione di movimenti tettonici e dell’aumento dei ghiacci (un mix delle prime due ipotesi insomma).
Per molti anni nessuna di queste ipotesi fu dimostrata nel concreto. Solamente nel 2015 venne pubblicato un articolo sulla rivista Nature che fornì la prima prova geologica del legame tra l’espansione dei ghiacci antartici e la crisi messiniana attraverso lo studio di 60 carotaggi di sedimenti ricavati da varie campagne di perforazione intorno all’Antartide e un modello computerizzato di simulazione.
PROVE GEOLOGICHE DELLA CRISI
Nel 1971 le perforazioni eseguite nel Mediterraneo dalla nave oceanografica Glomar Challenger hanno portato alla scoperta, in più zone del fondale, di spessi strati di rocce evaporitiche, in particolare gesso e salgemma. Il ritrovamento di questi depositi rappresentò la prima testimonianza geologica della crisi di salinità del Messiniano. Quando un bacino marino evapora completamente o quasi, infatti, sul fondale si depositano i sali che erano contenuti nell’acqua di mare. Si formano così con il tempo estesi e spessi strati di evaporiti, ossia rocce sedimentarie costituite da minerali di natura salina (carbonati, solfati, cloruri ecc.).
Tra le rocce evaporitiche troviamo, ad esempio, il gesso e il salgemma.
Tra i vari depositi di evaporiti rinvenuti nel corso degli anni successivi, la miniera di salgemma di Realmonte, in provincia di Agrigento, rappresenta senza alcun dubbio in Italia la più famosa testimonianza geologica della crisi di salinità del Mediterraneo. All’interno dei suoi depositi è stata ricavata addirittura una chiesa, chiamata la “Cattedrale di Sale”, dove ogni 4 Dicembre viene celebrata una messa per la festa di Santa Barbara, patrona dei geologi.
QUANDO SI RIEMPÌ NUOVAMENTE IL MEDITERRANEO
Circa 5,3 milioni di anni fa (inizio Pliocene), la riapertura dello stretto di Gibilterra provocò l’ingresso nel bacino prosciugato di enormi quantità di acqua dal vicino oceano Atlantico. Le acque si riversarono copiosamente attraverso un canale relativamente stretto e ciò portò alla formazione di un’immensa cascata, con potenza e dislivello maggiori di qualsiasi cascata attualmente conosciuta (Fig. 5). Questo episodio, soprannominato “alluvione zancleana”, durò relativamente poco in termini geologici (poche centinaia o migliaia di anni) e consentì il riempimento del bacino nell’arco di soli cento anni.
PROGETTO ATLANTROPA: PROSCIUGARE IL MEDITERRANEO
Nella primavera del 1928 su un quotidiano spagnolo venne pubblicato un articolo dell’architetto tedesco Herman Sörgel nel quale si proponeva la costruzione di dighe lungo lo stretto di Gibilterra e quello dei Dardanelli per drenare ed essiccare parzialmente il mar Mediterraneo e ottenere in tal modo un super continente, soprannominato “Atlantropa”, che avrebbe rappresentato la soluzione ai problemi europei di sovrappopolazione, disoccupazione, mancanza di risorse naturali e approvvigionamento energetico limitato.
Sörgel non ricevette mai il consenso politico e un supporto finanziario da parte del governo per iniziare la costruzione e per fortuna! La realizzazione del progetto, infatti, avrebbe portato conseguenze non indifferenti non solo a livello geografico ma anche a livello ambientale: il Mediterraneo si sarebbe trasformato in un enorme lago salato e senza vita proprio come il mar Morto! La chiusura dello stretto di Gibilterra, inoltre, avrebbe potuto causare una modifica del flusso dell’importantissima corrente del Golfo provocando come conseguenza un raffreddamento del Nord-Europa. Per maggiori informazioni sull’argomento riporto, in conclusione, due video:
- https://www.youtube.com/watch?v=aLB7FBe11W8&ab_channel=NovaLectio di NovaLectio
- https://www.youtube.com/watch?v=_Q9R09oey1w&ab_channel=link4universe di link4universe